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Quella di Palmadessa è indubbiamente una poesia ribelle, graffiante che non si piega a questo mondo assurdo e, anzi, non si spezza e neppure si piega, proprio perché la parola poetica gli viene fuori, anzi gli esplode appunto - come recita il titolo - come uno "tsunami", come un "terremoto" dell'anima, un maremoto della vita interiore. Una esplosione e un terremoto-maremoto che, tuttavia, non intendono fare del male a nessuno ma che sono soltanto la cura e la medicina con cui l'io poetico narrante sana le proprie ferite, il proprio senso di impotenza e il risentimento verso il mondo che sembra non volerlo comprendere e, pertanto, il rasserenamento dell'animo non può che avvenire se non con quell'esplosione, con quel buttare fuori dal proprio "sé" e in maniera eclatante, esplosiva, appunto, tutto quello che "dentro gli rugge", direbbe Foscolo, perché il suo è uno "spirto guerrier".