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Numerose figure sociali fanno a gara per spendere abilmente mille parole e ipocrisie, coricandosi sul mito del drogato. Facendo abilmente di tutta l'erba un fascio ci si dimentica che, prima di tutto si dovrebbe liberare la droga stessa dalla sua rappresentazione all'interno dell'immaginario creato dalla società delle dipendenze, degli spettacoli e dei consumi. Disintossicarsi, certo, ma dalle logiche neomoderne di una data sovrastruttura sociale e politica che continua a fare della droga non solo la merce col più alto tasso di plusvalore in assoluto, ma anche una delle merci col più alto contenuto di ideologie, immagini e spettacoli. Una divinità coercitiva, annichilente e assuefacente, non per la sostanza di cui è fatta, essenzialmente di futile qualità e misero valore, ma piuttosto per la spettacolarizzazione di ciò che riveste e rappresenta: un rapporto funzionale nel ruolo autoritario del dominio politico e del controllo sociale. Questo saggio, di impronta situazionista, propone una chiave di lettura che, in prospettiva, possa destituire, decostruire, demistificare, demitizzare e svestire la droga dalla rappresentazione datale all'interno dei gangli vitali del capitale.