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Amore, una parola svuotata dell'autentico significato, che anticamente sanciva il contatto con le "forze di luce", con il "tempo altro" che rivestiva il volto ieratico del sapere. Uno stato d'essere attivo, fuoco interno e magnetico irradiante un'aura di forza che penetra senza invadere, dolcemente, profondamente. Questa idealità, che induce l'uomo evoluto a donare una parte di sé e lo slancio che l'accompagna, sono da porre in relazione con il "sacrificio iniziatico" che rinveniamo anche in ambito cavalleresco dove il cavaliere-iniziato rinuncia alla vita profana e dedica la sua esistenza all'alto ideale di "luce" a cui si è legato. Queste le basi su cui poggia la dottrina dell'"amore che risana", ermetica ragione illuminata da un sentimento altissimo che aspira a soccorrere chi soffre, non in maniera indiscriminata, ma con discernimento. L'ermetista, strumento di "forze superne", deve agire con equilibrio senza lesinare le sue energie e senza dissiparle. L'alito vitale che spira dallo "spirito", immanente e risanatore, è lo stesso che si sostanziava nei templi remoti in cui sacerdoti-terapeuti nutrivano con pazienza e amorevole intento i malati.