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Il nicodemismo fu la ratio stessa della vita culturale romana e l'oralità rappresentò una delle dimensioni privilegiate della comunicazione intellettuale. Il nicodemismo e l'oralità, così come la tolleranza praticata dalle istituzioni preposte al controllo sociale furono fattore primario di stabilità sociale nella Roma pontificia. Sulla base di questo modello di riferimento, l'autrice propone una lettura della cultura filosofica e scientifica romana di fine Seicento: una Roma significativamente permeabile a cartesianesimo, gassendismo, spinozismo ma, ancor più, vivace fucina di materialismo, libertinismo e 'ateismo'.