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Nel 1924 nacque una delle riviste più irriverenti del Ventennio: «Il Selvaggio». Vi partecipano i più grandi nomi del primo Novecento: Soffici, Morandi, Rosai, Bilenchi, Longanesi, Palazzeschi, Malaparte, Ungaretti, De Pisis, Brancati, Guttuso, Flaiano, Cremona, Tamburi, Cardarelli... Giovani provinciali, baldanzosi, violenti, sono cresciuti ai margini di un regime che non è riuscito ad assimilarli, e invisi ai gerarchi fascisti come ai paladini dell'antifascismo, odiano i «borghesi pantofolai», il razionalismo e l'urbanizzazione. Non c'è culto dello Stato centrale, della purezza della razza o dell'uomo nuovo nei loro scritti. Sono ecologisti ante litteram: ciò che gli interessa preservare è l'integrità del territorio, l'identità e il genio italici. Questo fermento culturale è stato reso possibile dall'intelletto graffiarne e dalle doti artistiche dell'eccentrico e instancabile Nano di Strapaese: Mino Maccari. Un'avventura, quella del «Selvaggio», che racconta il fervore culturale durante il fascismo, le ambizioni e le angosce di una gioventù ribelle, alla ricerca della fondazione di un'arte e di un'identità italiane contro il mito europeo e germanico. Prefazione di Stenio Solinas.