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"Ala spazzina" è il romanzo di una Teoria. Il protagonista è un artista affiancato da un'infelicità ubiquitaria giustificata da una logica che lo giudica con severità. Ha preteso troppo dall'Arte che gli ha nutrito l'Io fino a farlo deflagrare, allora è stata accusata incapace di non sapere riscattare l'inquietudine che ha provocato. Quella persona ha la certezza di patire il costante tormento proprio del genio - è convinto di essere tale - e, in questa coscienza esaltante di sé, concepisce la Teoria draconiana che lo autorizza a cassare i modi dell'Arte, ma è quella stessa Teoria a schiavizzarlo. La presenza sottomessa di un angelo custode sui generis che gli ha garantito protezione non serve a evitare concatenati quanto disastrosi eventi. La cronaca è battuta da incessanti raffiche di possesso e dall'assoluta dedizione al Principio inesorabile che ha brutalmente condizionato quel genio il quale, imperterrito, continua a condannare gli artisti sottomessi alla Bellezza. Lo sventurato protagonista, privato della rassicurante irrilevanza del mondo, potrà toccare con mano cosa sia una rovina, occorre quel dolore per rovistare dentro il cuore della gente che potrebbe addirittura sembrare amabile e, perché no, comprare dei quadri. Quel desiderio fa i conti con l'Improbabilità che vira all'autodistruzione, nega ogni afflato relativo all'Arte che viene consegnata al Nulla. Vale soltanto la scommessa di riappropriazione della roba nella cassettiera, i disegni che testimoniano quella dannazione voluta dalla spietata Teoria di cui il genio senza nome - nel libro non viene rivelato - è vittima. Solo il possesso di quelle carte lo appagherà. Chi l'ha conosciuto ha rifiutato quell'ossessione che l'ha reso unico, ma intollerabile: solo il suo angelo-femmina, dalle ali spropositate che spazzano in terra, e che brilla per fascino e irresistibile attrazione carnale, ha saputo leggere la mappa labirintica della sua mente. Gli è rimasta alle calcagna nella speranza di recuperarlo anche dopo aver subìto la massima umiliazione per un angelo: le erano state mozzate le ali. Alla fine, intuirà che nella cancellazione è la salvezza: come se fosse del tutto avvezza alla malvagità deliberata di un piromane, dà alle fiamme tutti i segni che avevano dato fama al suo protetto: occorre la cenere di un rogo per consegnare alla salvifica dimenticanza il profilo dell'artista tanto amato. La metastoria è chiusa a chiave, condannata a se stessa, a dispetto del criterio che ci piomba addosso e che pretende il buonsenso di una chiusa: è stato mostrato un nodo che non deve essere sciolto.