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Nato nel 1953 come coalizione elettorale contro la cosiddetta "legge truffa" con la quale la DC e alleati puntavano ad accaparrarsi un ampio premio di maggioranza -, il movimento Unità Popolare si tradusse in strumento atipico di militanza politica. Nel raccogliere quanti si riconoscevano nell'eredità dell'antifascismo di matrice giellista e azionista, esso costituì un esperimento - limitato nella portata, ma non per questo meno vivace - di "terza forza", inserendosi in modo originale nell'affollato scenario delle alternative di sinistra all'imperante bipolarismo ideologico del dopoguerra. Ingabbiati nella prosa delle schermaglie politiche dell'Italia repubblicana, eppure costantemente ispirati dalla poesia della Resistenza, questi "partigiani in borghese" presero posizione non soltanto sulle questioni che man mano si presentarono all'attenzione di un'agenda politica nazionale e internazionale dominata dalla Guerra fredda, ma anche sulla cultura, l'economia e la società del tempo. Il libro di Roberto Colozza diventa dunque l'occasione per un viaggio nell'Italia degli anni Cinquanta, vissuto attraverso gli occhi di attivisti e simpatizzanti del movimento, intellettuali allora tra i più acuti e aperti al futuro, fautori di un "riformismo radicale e ragionevole" che ha rappresentato una rilevante corrente di pensiero e di azione nel dopoguerra.