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"Senza esagerare, la prima volta che il Martin Gropius Bau mi è venuto incontro il colpo che ho ricevuto è in pieno viso è stato talmente forte che sono caduto a terra letteralmente privo di sensi. Quell'edificio ottocentesco di mattoni rossi, possente e squadrato era il cuore vero e l'anima profonda non solo di Berlino, ma della Germania intera. Questo cupo blocco di storia e di metafore germaniche avrebbe, tra poco meno un anno, accolto nelle sue braccia l'intera storia del mio lavoro. Scegliere le opere da esporre è stato questione di settimane; programmare il percorso adatto, questione di giorni; dare poi una gerarchia teatrale all'insieme, una manciata di ore. Nella mia testa tutto, ma proprio tutto, era così limpido, luminoso, chiaro e preciso, direi in una sola parola: inevitabile. Come spesso fortunatamente mi accade, Traumwelt era già là!".