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Lo Stato gli ha inflitto l'ergastolo e dopo 33 anni, solo quando il vero colpevole ha confessato, lo fa uscire di galera. Turiddru ora è anziano: è diventato per tutti zi' Turiddru e non può perdonare questo Stato, i suoi carabinieri, la sua Giustizia. Sa che non può recuperare i trentatré anni di vita infame. Una volta libero, lavora per non dipendere da nessuno: fa il contadino, fa il ciabattino, fa il giardiniere e l'ortolano. Vive con dignitosa parsimonia e la sua anima aristocratica rifugge da servilismi e viltà. Mostra una dignità che non chiede favori a nessuno, neanche alla religione in punto di morte. Il suo sguardo fiero è condanna per la viltà del branco di donne che fanno violenza allo scemo del villaggio. Osserva con consapevole distacco le vicende con cui si affannano e si distruggono gli uomini: fascismo, Abissinia, guerra. Zi' Turiddru si rifugia spesso nella lettura. Attinge forza dal mondo nascosto e misterioso dei libri, dei racconti dell'antichità classica e del medioevo. Vive immerso nella natura a stretto contatto di piante e animali. Nel buio della sua notte siciliana lascia filtrare la luce soffusa della Via Lattea, alta in cielo, avvolgente nel suo mistero.