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Pubblicato nel 1847, lo scritto è in aperta polemica con il sistema di interpretazione dei geroglifici egizi proposto venticinque anni prima da Jean-Francois Champollion e sostenuto dal discepolo di questi, l'egittologo Jean Antoine Letronne. L'autore, Monsieur de Brière, prendendo spunto da un famoso passo degli Stromati di san Clemente Alessandrino riferito ai geroglifici egizi, ha così modo di spiegarsi a lungo e ampiamente sul pensiero antico. Soffermandosi in particolare sui simboli teologici degli Egiziani, dimostra che essi erano imitativi dell'ordinamento dell'universo. Non si trattava, tuttavia, dell'imitazione semplicistica degli oggetti, bensì del principio fondamentale dell'imitazione delle cose, principio incommensurabile che si ripete in mille modi diversi nello studio dell'antichità orientale. Questo principio dipendeva dal legame universale, e a esso si richiamavano altri tre principi: dell'efficacia, della fatalità e, infine, della periodicità, per cui tutto ciò che avviene in un periodo si ripete nei successivi, nello stesso modo e nello stesso ordine.