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Nella tradizione spirituale tibetana è comunemente chiamato "bardo"; il periodo di quarantanove giorni che intercorre tra la morte di un individuo e la sua successiva incarnazione. Durante questo delicato lasso di tempo, il principio cosciente della persona fa esperienza di una serie pressoché ininterrotta di potenti visioni: luci, suoni, paesaggi, persone, divinità dall'aspetto benevolo o terrifico che rappresentano la manifestazione esteriore della condizione mentale del morto e del bagaglio esistenziale che lo ha caratterizzato in vita. Se opportunamente vissuto, il "bardo" offre tuttavia al defunto la possibilità di realizzare integralmente la propria innata natura illuminata, da sempre celata nell'intimo. Questo breve volume raccoglie alcuni frammenti scomposti scritti per mio padre, morto la mattina del 25 marzo 2010. Sono la forma tangibile di un dialogo che ha avuto luogo durante questo breve "interregno". Un dialogo che è tuttavia parte di più un profondo e vasto colloquio che esiste da molto prima e che è destinato a durare molto più a lungo. Sono parole, ma sono anche la forma visibile di una assidua presenza e l'espressione di una forma di sicura preghiera.