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Così scrive l'autrice nella presentazione: «... non fu solo un residuo linguistico, ma qualcosa di più sostanziale a richiamarmi le origini di un asse di valori che giorno per giorno si stava corrompendo. La critica radicale alla globalizzazione mi portava a pensare alla perdita di identità, per cui forse domani, ancora prima degli italiani, sarebbero scomparse le nostre lingue più autentiche di paesi e regioni. Devo ringraziare i miei nonni carissimi, ai quali tutti mi lega un grande debito di natura e cultura: la natura, a volte anche aspra e sanguigna, della nostra terra e la cultura delle sue tradizioni, dei suoi detti e proverbi che diventano, nei momenti sia di piacere che di dolore, sempre fonte rinnovata di una saggezza antica e dignitosa. A loro dedico queste briciole di versi che parlano di ieri e di oggi, dei loro sacrifici e dei nostri, in una lingua di transumanza che per molto tempo avevo chiuso nei cassetti, e che oggi sorride di nuovo».