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Quel giorno, al risveglio, mi sono ricordata di un sogno. Avevo ricevuto un messaggio sulla segreteria del mio telefono cellulare: «Dite loro che ho molto sofferto», firmato Emma. Avevo appena iniziato ad interessarmi alla sua storia. Carl G. Jung è il celebre psicologo svizzero di cui conosco e ammiro l'opera. La storia di Emma va oltre l'opera di suo marito, e ha suscitato in me un interesse sempre crescente. Carl le ha imposto, per trent'anni, la presenza in casa di un'altra donna. Un ménage à trois come molti altri? Molto di più. È il vissuto straordinario di una donna confrontata suo malgrado con uno scenario impossibile. Emma Jung mi ha offerto la sua amicizia, affidandomi il compito di decifrare quest'esperienza insieme banale ed eccezionale. Morta da più di cinquant'anni, è ora uscita dall'ombra. Ho dovuto lavorare sui pochi indizi disponibili per cercare di ricostruire la sua vita interiore. Emma mi ha confermato che le dimensioni di questa realtà avrebbero mandato in frantumi la nostra razionalità. Un sottile legame si è stabilito tra di noi. Ora la sento vicina come se fosse un membro della mia famiglia.