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Effimera, nel linguaggio comune, assume il valore di tutto ciò che è legato alla fragilità del vivere: in botanica definisce quelle piante che fioriscono e muoiono nel giro di pochi giorni, come a dire che la nostra vita è un soffio, da qualsiasi parte la si guardi. È un soffio anche quando noi la crediamo eterna, come dovrebbe essere eterno l'amore che abbiamo incontrato e vissuto. Nelle parole di questo poemetto la memoria è pari alla nostalgia, e la nostalgia diventa la trama di un vissuto che si perde nel tempo come un tappeto volante sfilacciato da più parti. Perché l'amore, finché dura, un anno o tutta la vita, non si fa raccontare, lo si vive e basta; ma una volta perduta l'aureola che lo ha fatto sedimentare dentro di noi, ecco che diventa memoria dolente, una ferita che lascia sanguinante il cuore. E appunto per evocare con le parole della mente questo "cuore che sanguina", tra gioie passate ed esitazioni del presente, che Giovanna Capucci ha voluto ricorda che spesso la vita è una festa che si gioca altrove, dove non si è invitati.