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"Dov'è la nostra casa, oggi?". Nella storia dell'Occidente, non era mai accaduto che questo interrogativo si ponesse come un problema generalizzato. Indizio di una fragilità crescente dei soggetti di fronte al compito di definire il significato e i confini della propria collocazione nella realtà globale contemporanea. La principale difficoltà deriva dal fatto che oggi sembrano messe in discussione le due condizioni che hanno sempre sostenuto i processi dell'abitare. La prima è la capacità dello spazio fisico di delimitare e organizzare l'esperienza sociale e individuale. La seconda è la capacità del tempo di sostenere un' idea di trascendenza. C'è un futuro per l'abitare, in un mondo privo di confini, culturalmente poliedrico, istituzionalmente indefinito? Il libro affronta questo interrogativo, spostando l'attenzione dalla dimensione del "non più" verso quella del "non ancora". Il "non più" delle certezze che si stanno perdendo con il venir meno delle "case" del passato. Il "non ancora" di quelle che si possono costruire sulle ceneri degli assetti del passato: nuove forme di socialità, nuovi assetti istituzionali, nuovi modi per "sentirsi a casa" nel mondo.