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"L'opera di Fabre è, grazie a una costanza e a una coerenza ammirevoli, una delle forme esemplari del teatro della nostra epoca. Si tratta di un teatro 'radicale' e profondo. Qualcuno, però, a torto, legge come provocazione ciò che, in quest'opera, spinge a interrogare radicalmente l'essere umano. (...) L'opera di Fabre è principalmente tragica - e naturalmente oggi il tragico è limitrofo anche al grottesco, alla satira, all'alienazione inquietante. Se nel dramma tradizionale l'essenziale si svolgeva tra i corpi, in questo teatro 'post-drammatico' il centro dell'azione si è spostato verso il cuore del corpo. Fabre ci mette dinanzi alla possibilità di osservare e pensare i corpi come entità metafisiche, lui stesso vede il corpo umano come la scena di un conflitto tragico. Gli scheletri statici, il calcare e le ossa conducono una guerra sorda contro la carne, il pallore e i fluidi corporali. Freud parlava di un istinto di morte e di vita. Alla fine del percorso, la morte -questo scheletro con la falce alla spalla - trionfa, ma fino a quel momento questa guerra continua e, per questo, gli spettacoli di Fabre non smettono di offrire immagini allo stesso tempo forti, profonde e fisiche. (...) Un libro che affina la vista e l'udito per quest'opera esteticamente singolare, che dimostra a fondo ciò che oggi il teatro riesce a incarnare." dall'introduzione di Hans-Thies Lehmann