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Il libro è un racconto autobiografico che, con taglio giornalistico, intreccia l'esperienza politica personale del "militante di base" Paolo Casotti, con gli avvenimenti che, su scala nazionale, hanno segnato la vita della sinistra italiana negli ultimi 40 anni (dal 1970 ai giorni nostri). La narrazione è svolta in forma epistolare, e cioè come una serie di lettere che l'autore invia a suoi immaginari interlocutori. La tesi che il libro vuole proporre è che la sinistra italiana... o meglio la parte massimalista e comunista della sinistra italiana..., ha perduto tutte le occasioni che le si sono presentate, per produrre un'autentica svolta riformista, ed ha pervicacemente rifiutato di operare la propria "catartica" Bad Godesberg. Un punto di vista sicuramente non nuovo, ma raccontato dal di dentro delle strutture di partito, con un'angolazione dal basso, non scontata. L'autore imputa questi appuntamenti mancati, al legame con l'ideologia comunista della classe dirigente che ha governato prima il PCI, e poi il PDS-DS-PD; e coinvolge quindi nel giudizio negativo, la stessa figura di Enrico Berlinguer, personaggio carismatico, ma come viene definito nel libro, "grande dirigente conservatore". A Berlinguer viene imputato di non aver compreso il messaggio di modernizzazione della sinistra, che era contenuto nella dalla parola d'ordine dell'"Unità Socialista" lanciata da Bettino Craxi. Ma è soprattutto contro i dirigenti della fase post comunista che si accentrano gli strali di Paolo Casotti..