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Susanna vive alle Faer Øer e fa la traduttrice. È affetta da aptofobia, la paura di essere toccati. La sua è una storia terribile. Sei anni prima, a Torino, i suoi colleghi di lavoro Linda e Ivan vengono massacrati a colpi di pistola. E proprio Susanna, uscita poco prima per una commissione casuale, trova i loro cadaveri rientrando in ufficio. «La strage di via Catania»: qualcuno la ricorderà, perché così si affrettarono a battezzarla giornali e televisioni. Le cause del doppio omicidio restano oscure, ma una cosa appare subito evidente: l'assassino vuole (deve?) finire il lavoro. E Susanna scappa: lascia Torino e si nasconde in Sardegna, poi in Islanda, infine alle isole Faer Øer. Lì, in una casa a picco sulla scogliera, perduta tra l'infinita gamma di grigi del cielo nordico e la perpetua, gelida mobilità dell'oceano, racconta la sua storia a un testimone, un torinese incontrato a Reykyavík (per caso? esiste il caso?). Sarà proprio lui, che di mestiere scrive romanzi noir, a raccontarci la storia che abbiamo fra le mani. Nella quale, però, finisce per rimanere invischiato - ma potrebbe succedere anche a te, che stai leggendo questo risvolto di copertina. Perché le sorprese non sono finite. In un mattino battuto dalla pioggia e dal vento artico, Susanna vede una figura vestita di scuro che passeggia sul bordo della falesia. La riconosce. Va in scena un nuovo incubo. L'ultimo?