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In una scuola in cui l'analisi del testo (letterario e non) dovrebbe essere pratica ampiamente diffusa e condivisa si registrano ancora oggi molte arretratezze anche rispetto alle Indicazioni nazionali vigenti. Perciò vengono qui riproposti i termini del dibattito sulle intersezioni e interazioni tra educazione linguistica e educazione letteraria. È un dibattito che, benché di lunga data, non ha ancora prodotto un cambiamento significativo e generalizzato dei modi di fare letteratura a scuola e che sembra essersi quasi interrotto nel momento in cui si sono dati per acquisiti, se non superati, strumenti critici (linguistici, semiotici e narratologici) che invece non lo sono affatto e che qualunque docente, almeno di italiano, dovrebbe conoscere. Questi strumenti, qui riproposti in un modo che vuol essere semplice e chiaro, permettono di individuare meglio, sullo sfondo del mare magnum dei messaggi che si producono, la specificità di quei testi che chiamiamo letterari e che si dispongono agli estremi di un continuum che muove dagli usi linguistici più comuni. Così, pian piano, entrando nel mondo della finzione letteraria, se ne mettono a fuoco le possibili infrazioni sul piano della coerenza e della coesione, gli sdoppiamenti comunicativi nel far risuonare, nei testi, voci (di narratori e personaggi) diverse da quelle dell'autore, usando spesso anche lingue e varietà diverse, in un plurilinguismo che rispecchia quello reale o che se ne serve per giocarci espressionisticamente. Chiude il volume una piccola antologia di contributi di approfondimento che inducono a fare i conti con luoghi comuni ancora diffusi, relativi a testi narrativi e poetici considerati invece nella loro architettura, nella loro utilità anche entro la didattica interculturale o entro percorsi attenti all'intertestualità, alla storia e ai confronti con altri autori e testi.