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Nella vita di Simeone, un adolescente colpito da distrofia muscolare, i tratti del melodramma sembrano aver preso il sopravvento. La malattia si rivela in tutte le sue penose limitazioni e in tutti i suoi contrasti - l'inerzia forzata e il desiderio di crescita, il bisogno di essere amato e il decadimento fisico che inquina la dinamica dei sentimenti, l'incolpevolezza e il peso delle fratture causate ai rapporti familiari - mentre le «cose di prima» appaiono ormai improbabili e quasi esotiche. Sul suo palcoscenico la madre è un contralto, la voce stanca e nevrotica di chi vorrebbe riprendere a vivere ma non ci riesce. Pierotta, soprano, è la ragazza depressa e instabile con cui Simeone duetta. Filippo, il baritono, è il professore che gli illustra i misteri della fisica quantistica, nei quali è forse annidata una speranza di salvezza. Il grande assente è il tenore, Thomas, il padre di origine siriana che lo ha abbandonato: è il suo abbraccio che Simeone non smette di rincorrere per sapere se è un disertore o un eroe, e se davvero esistono legami così forti da ridefinire le leggi della fisica. Con una Gerusalemme innevata a fare da sfondo, a padre e figlio è riservato uno struggente atto finale. Come ha scritto Julian Barnes, soltanto il melodramma riesce ad andare dritto alla meta, e a rammentarci l'essenziale.