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"Agostino Reali ha trovato e restituito nel "Cantico" la candida profanità. L'assoluto e il rituale si alternano: la confessione incantata e affocata e la rappresentazione cerimoniale, ritmata da cori, sono parimenti leggibili nella complessa multiformità testuale. Ma la disciplina costruttiva di Reali tiene bene l'insieme di questa grande testimonianza della vitalità ebraica: nella quale penso si esprima tale e quale, in questo caso, il mirifico, il meraviglioso e dunque il religioso della nazione e della lingua." (Mario Luzi)