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Il libro si propone di indagare, a partire dagli stimoli offerti dalle ricerche di alcuni filosofi e studiosi come Hadot, Agamben, Foucault, Fabbrichesi, Goulet-Cazé e Sloterdijk, la specificità dell'antico cinismo, una forma di vita molto particolare, il cui stile ha forse ancora oggi qualcosa da dire. A tale scopo, il testo ricostruisce un quadro di insieme che ricompone la peculiare forma di vita cinica, molto autarchica e polemica in relazione alle principali esperienze di vita: l'origine e la cittadinanza, il rapporto con l'economia, il potere, le convenzioni sociali, il sapere e la religione. Contestualizza inoltre la forma di vita cinica in relazione al contesto urbano, perché il cinismo si è sviluppato all'epoca della civiltà greco-romana e all'interno delle città. Nei templi o nelle piazze, attraverso comportamenti sfrontati e spudorati, veniva contestato l'abituale modo di vestirsi o di abitare, e veniva scarsamente considerato il ruolo delle normali consuetudini e delle leggi. Nella ricerca qui proposta viene inoltre indagata la persistenza di una corrente sotterranea del cinismo, con continue riemersioni, nel corso dello sviluppo della cultura occidentale, dalla fine del mondo greco-romano al diciannovesimo secolo. Riferimenti a Diogene sono anche presenti nella cultura araba e in alcune raccolte medioevali, così come in Erasmo da Rotterdam, Montaigne, Rabelais, Thoreau, Marx e Nietzsche. Per quanto riguarda il Novecento si sono analizzati alcuni motivi cinici presenti nella narrativa di vari autori come Tolstoj, Bernhard, Beckett, Hasek e Kristóf. Infine, in ambito filosofico, viene approfondito in quale modo il cinismo sia stato recuperato da Foucault e Sloterdijk, mentre per la sfera socio-economica si è cercato di evidenziarne i nessi con le proposte del pensiero della decrescita e di Ivan Illich.