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L'ordine sociale è realmente una dimensione "afferrabile" scientificamente, o si tratta di un costrutto privo di fondamento empirico? E se così è, non perderebbe forse di significato anche il suo contrario, cioè il concetto di dis-ordine sociale? Se i due concetti possiedono comunque un fondamento, qual è il "peso" che va attribuito a ciascuno nella spiegazione complessiva dell'organizzazione sociale? E quali le categorie sociologiche per "afferrarli"? A tale questione è dedicata gran parte dell'attività dei ricercatori sociali in epoca positivista in Italia. Ma anche successivamente, nel nostro Paese si sono succeduti contributi significativi, anche se in alcuni casi passati in sott'ordine. Il concetto di irrazionale nella società, con il conseguente carico di temi ad esso collegati, come quello di disordine, di conflitto, di "senso condiviso", assume nella tradizione sociologica italiana una posizione rilevante, che pone quest'ultima, sotto questo specifico aspetto, tra quelle che con più pervicacia ed originalità si sono soffermate, rispetto ad altre, su tali importanti nodi problematici del sapere sociologico.