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"'La civetta cieca' fa parte di quella serie di opere che hanno resistito al tempo e ancora evidenziano la meschinità dell'uomo in un mondo al quale egli non sa adattarsi. L'universo non è più contemplato come un tempo con occhio riposato. Nella sua angoscia, l'uomo chiede aiuto; ma nessuno gli risponde, né dal cielo deserto, né sulla terra resa muta da coloro che sono privi di ideali. Questa letteratura disperata è crudele, violenta, pervasa di materialismo. [...] Nell'opera di Sàdeq Hedàyat v'è tutta la magia dell'Oriente, con le sue meravigliose leggende e la sua fantasmagoria. Il sogno abolisce tempo e spazio, la realtà si confonde con la finzione, il fascino si accomuna al terrore, mentre lo spirito ne resta prigioniero. Nonostante la sua disperazione, Hedàyat sognava [...] «un paese meraviglioso abitato da esseri privi delle grossolane necessità umane; un regno incantato, popolato da dèi, da eroi colmi di fascino e di bellezza». Avrebbe voluto vedere in questo regno «uomini e donne vivi e felici, passeggiare in gioiosi gruppi ridenti, pronti ad accogliere trepidi amanti al canto di melodie dolci e tristi». Questo regno egli lo cercò invano sulla terra. Per questo rinunciò a vivere." (dallo scritto di Pasteur Vallery-Radot)