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Nell'orizzonte, assai ricco di grandi personalità, della filosofia classica tedesca, il rapporto fra la filosofia e la religione riceve varie letture e diverse tematizzazioni, di alta potenza speculativa e ancora oggi per nulla superate. In questo contesto mobile e variegato la filosofia di Johann Gottlieb Fichte (1762-1814) si presenta come una comprensione della religione, o forse più propriamente del 'religioso', condotta dal profilo di un pensiero trascendentale, ossia realizzata in maniera da tener fermo il punto di vista dello spirito finito. Anzitutto la religione è un modo di atteggiarsi della ragione, non del sentimento o dell'intuizione; inoltre però la religione non viene pensata come superata nella filosofia, ma filosofia e religione sono comprese e correlate come due distinti approcci all'originario, abitate da quel "desiderio dell'eterno" che costituisce la struttura fondante dello spirito finito; infine questa struttura dello spirito finito è da se stessa aperta all'accadere 'concretamente concreto' della libertà divina e umana, ossia alla possibilità di una 'storica', e nella sua storicità indeducibile, rivelazione.