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"Terramare" racchiude liriche composte in un lunghissimo arco temporale (le più antiche risalgono a più di venticinque anni fa), ma sottoposte a un radicale lavoro di riscrittura che le rende di fatto tutte contemporanee. Strutturalmente si divide in quattro "capitoli", introdotti ciascuno da versi tratti da una lirica di Silvana Pasanisi: una divisione non a compartimenti stagni, piuttosto la necessità di accorpare le liriche sulla base di suggestioni, sulla predominanza di un elemento (terra o acqua) sull'altro. Dal punto di vista stilistico il lavoro di editing ha visto la pressoché totale abolizione dei segni di punteggiatura e delle maiuscole (inserite solo dove strettamente necessario) nonché la rinuncia a titoli per le singole liriche, sostituiti da una progressiva numerazione romana. Nella scrittura di Terramare l'uomo è protagonista, ma non per lascito divino o di presunta superiorità sugli elementi e sugli altri esseri viventi, ma perché le sue azioni, il suo sentire, i suoi sentimenti trovano riscontro, diretto o simbolico, tanto nella percezione di insondabili abissi marini quanto nel minimo lavorio di una goccia d'acqua: un dono raro, privilegiato, non esente da responsabilità, un "debito di riconoscenza" verso qualcosa che "sopravvive a noi a tutti a tutto".