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Da una parte Brigita Huemer usa i pattern naturalistici (cortecce, pelli di animali, tracce) come ispirazione iniziale per le sue elaborazioni pittoriche. Le fotografie di natura sono, infatti, il prologo di un metodo sinuoso tra manualità e tecnologia, una combinazione estetica che trasforma l'origine figurativa in una riflessione oltre la geometria, oltre la soglia del visibile. Dinamismi circolari e flussi cinetici catapultano l'occhio dentro mondi paralleli, spazi mentali, geografie dei sensi. Dall'altra Angelica Romeo, i cui cicli registrano la disciplina del gesto sotto controllo, di una felice lentezza che ipnotizza il colore in modo mineralizzato, come se quel grumo fosse una stalattite che narra di antichi organismi dal colore massiccio. Le gamme prescelte sono nette, eppure vibranti al proprio interno, simili a pietre preziose che si accendono nel buio pur conservando sottotraccia la loro genealogia. Quei segni pittorici non cercano enfasi o vertigini, al contrario suonano note elementari nel bianco che accoglie qualsiasi differenza.