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Il libro racconta la storia, anzi le storie, che hanno dato origine al Partito d'Azione romano. Diverso da quello di Torino o delle regioni veneto-friulane, a Roma il Partito raccoglie la rete di Giustizia e Libertà, fatta di ex combattenti e Arditi del Popolo, artigiani, ferrovieri, intellettuali, impiegati. Alla vigilia dell'8 settembre si sono avvicinati agli "azionisti" numerosissimi militari e studenti, pronti ad impedire l'entrata in città dei nazisti in una sentita unità di azione con le forze armate italiane, che però restano inerti. Dopo la battaglia di Porta San Paolo la guerriglia procede organizzata per zone, ma anche sul fronte dell'intelligence e politico. Il Partito d'Azione intercetta e sabota il piano tedesco di affamare Roma e di deportarne il potenziale produttivo, bloccando nelle cancellerie le esecuzioni delle condanne per disobbedienza ai bandi nazisti. Dopo la decapitazione dei quadri organizzativi con le retate di polizia del febbraio-marzo 44, il Partito si riorganizza e prepara un piano militare insurrezionale: con 1200 armati, anche da solo il Partito è pronto a dare il colpo di grazia ai nazisti in smobilitazione. Mentre la base, intenzionata a combattere, trova collaborazione orizzontale con partigiani di colore diverso, i rapporti con gli Alleati e con i badogliani sono la quadratura del cerchio: il segnale radio - "elefante" - convenuto con gli americani per lo scoppio dell'insurrezione si perde in un giallo di rapporti interni al Partito, destinati a lasciare dopo il 4 giugno ferite non rimarginabili e verità indicibili, mentre la guerra, inesorabile, continua.