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Il testo raccoglie frammenti di discorso, non a caso nominati scorribande, cioè a dire scorrerie, sacchi, incursioni, che afferiscono il corpo del sapere pedagogico. Ben al di fuori di qualsiasi tecnicismo morboso, di qualsiasi applicazione di filosofie già tramortite e subdolamente addomesticate, ben distante dalla psicologizzazione imperante e dai suoi nefasti sottoprodotti assistenzial-mortificanti, le scorribande reclamano alla pedagogia il suo humus d'infanzia, il suo splendore auratico, le sue ispirazioni misteriose e iniziatiche. Alla ricerca di figure inattese e inattuali, di maestri della divergenza e dell'affermazione, sedotte da un immaginario festivo e disinibito, arcaico e trasgressivo, le scorribande intendono affiancare al grigiore pedante e bonificatore delle prose pedagogiche un verbo singolarmente poetico, l'illuminazione folgorante dei folli e dei disperati, l'ombra calda e soccorrevole di una sensibilità più femminile e terrestre. In compagnia degli dèi bambini, assecondando l'ispirazione magica di Eros e la danza sfrenata di Dioniso, non senza il contributo inatteso di Ermes e di Afrodite, il libro propone una filosofia poetica capace di restituire alla parola educativa l'incanto di un'"attrazione appassionata" intorno al dipanrsi imprevedibile e misterioso di un "innocente divenire".