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"Il medico, nella fase delicata del rapporto con "l'altro", deve sollevare, togliere la maschera, il manto dell'investitura e mischiarsi con "l'altro" che è poi lui stesso. Rischiare con lui. Togliere, a sé per trasferire al rapporto. Scrivere il romanzo con "l'altro" di quel momento. Raccontare di sé, delle proprie debolezze. Aumentando così la forza di etrambi. Cercare di rompere la verticalizzazione della propria specialistica, della propria branca di appartenenza, per scendere in un'apertura orizzontale, fatta di conoscenze interdisciplinari. La medicina così si apre. Si allontana da un pericoloso dogmatismo e si pone in posizione di medianità tra curiosità e dubbio." (dalla conclusione)