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La vena sperimentale della poesia di Andrea Zanzotto ha condotto a risultati stilistici e formali di altissimo rilievo. La difficoltà, talvolta insormontabile, dell'esegesi dei testi zanzottiani deriva dalla volontà del poeta di parlare delle cose estreme, misurando ad ogni passo la naturale inadeguatezza della lingua. Questo saggio lega fra loro alcuni percorsi di lettura, che seguono il dialogo dell'autore con la tradizione letteraria del Novecento e dichiarano la ricchezza delle sue fonti: dalla Bibbia a Dante fino a Heidegger e Lacan. L'analisi muove dall'isolamento biografico del poeta, delineandone le motivazioni profonde e mettendo altresì in luce le ragioni poetiche del rinnovato rapporto con la terra natale. Insieme viene sottolineata l'attenzione di Zanzotto ai lunghi tempi della storia umana, fondamento della sua indagine sulla depauperata realtà contemporanea. Della diffusa presenza della disciplina psicoanalitica nella scrittura zanzottiana si ricostruiscono gli apporti alla genesi dei testi; si rintraccia l'organismo immaginario e mitico della sua poesia e se ne coglie lo sviluppo sotterraneamente religioso, affiorante dal recupero del codice biblico e dalla persistente ricerca di tipi edenici e pentecostali.