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"Il presente lavoro ci ricorda l'opportunità, nell'affrontare fenomeni considerati ormai propriamente globali, di stigmatizzare la perniciosa semplificazione insita in quelle rappresentazioni il cui unico obiettivo consiste nel demonizzare l'avversario politico, esorcizzando il rischio che possa esercitare un sorpasso - magari "definitivo" - nel Campionato Mondiale delle Nazioni. Perché questo è il capitalismo globalizzato, fuori dalle polemiche politiche e dagli endorsement personali: l'idea di una competizione continua e interminabile, giocata sulla pelle dei più deboli (intesi come Stati e come classi sociali subalterne, tanto da poter parlare di colonialismo "interno" e "esterno") e volta a imporre supremazie, a condannare (presunte) inferiorità, a sfruttare risorse naturali, a legittimare élites in declino, a imporre una sorta di "darwinismo" nelle relazioni internazionali, in base al quale è giusto, inevitabile e addirittura auspicabile che il più forte (nella declinazione unica di forza militare ed economica, non certo di capitale culturale e di solidarietà sociale) prevalga sul più debole. Qui s'impone una scelta di campo, politica e insieme scientifica." (Paolo De Nardis)