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Tutto ha inizio a Roma Fiumicino, quando Arturo, giovane ventisettenne, ha ormai oltrepassato il gate con uno zaino più alto di lui e un nodo in gola. Alle sue spalle Lita, statuaria e impotente, ha il volto rigato dalle lacrime che non può e non vuole controllare. Di fronte a questa immagine, Arturo riesce solo a prendere il suo diario e la sua matita. Prova a disegnarla, ma è una dote che non ha mai posseduto. Allora si concede a ciò che gli viene meglio: scrivere. Un diario - il cui titolo viene scritto e cancellato infinite volte - racconta un percorso umano che dall'umanità vorrebbe fuggire e all'umanità invece ritorna, è la decostruzione sapiente di ogni tipo di valore imposto e del senso pratico che in tutta questa avventura è il grande assente. Il prodotto, parola che risulta blasfema in questa storia, è proprio questo: nessun senso ultimo, nessuna morale, nessun prodotto. Tutti i percorsi sembrano ricondotti all'essenza, uscire dalla logica in cui sono solitamente declinati. Cosa sareste tutti fuori dai ruoli, anzi, fuori dal titolo?