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La vita di Giuseppe Pinelli è strettamente intrecciata a quella di Milano, luogo dell'impegno politico e degli affetti più profondi. Pino è nato nel 1928 in uno dei quartieri più popolari e ricchi di storia, porta Ticinese, una successione di case di ringhiera, di ballatoi affacciati sulle rumorose discussioni tra vicini, di trattorie operaie e posti di ristoro per i barcaioli che trasportano la ghiaia lungo i Navigli. Da che parte stare lo ha già deciso quando, appena sedicenne, diventa staffetta partigiana in una brigata libertaria. Questa è la sua storia, che non è solo la storia della diciassettesima vittima della strage di piazza Fontana, ma quella di un uomo che amava la sua famiglia ed era orgoglioso del suo mestiere, che leggeva poesie e faceva volare gli aquiloni, un uomo che ha vissuto con passione la sua epoca lottando per un mondo migliore. Fino all'ultimo. La sua vicenda esistenziale viene «accidentalmente » interrotta nella notte tra il 15 e il 16 dicembre del 1969, nel pieno della strategia della tensione e delle trame più oscure, ma è proprio lì, sotto quella finestra spalancata, che la sua storia individuale è diventata collettiva. Una storia che ci riguarda tutti. Una storia che non si è mai chiusa.