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Nardina Varza è la primogenita di una famiglia poverissima di un paese siciliano; è priva di dote e anche bruttina, il peggiore dei partiti possibili. Queste condizioni spingono il padre a mandare lei e la sorella Mariantonia a lavorare come "serve" a Palazzo Aurelio, dimora del barone Onorio, proprietario di buona parte dei terreni della zona, di palazzetti e ville, a Palermo e nelle campagne circostanti. Da quel momento la vita di Nardina prende un corso inedito per una giovane del suo ceto: grazie alla sua caparbietà, ma soprattutto alla sua resilienza, si direbbe oggi, riesce a sfruttare la propria posizione e persino una serie di infelici eventi per riscattare la sua subalternità. Gli scontri con il campiere Niccita, che detiene largo potere sulle proprietà del barone, con le altre contadine, invidiose e diffidenti, e con gli avidi nipoti del barone fanno sì che la storia diventi una vicenda corale, in un insieme di punti di vista, affreschi e linguaggi diversi. Tra le famiglie nobili del tardo Ottocento, già sulla strada della decadenza, si affacciano via via nel contesto storico e sociale i nuovi "burgisi", da un lato, e, nel secondo dopoguerra, anche i contadini di nuova generazione, più consapevoli e pronti a prendersi ciò che loro spetta. Nardina vivrà da protagonista questi anni, riuscendo persino a recuperare, tra un ballo e l'altro, la spensieratezza negatale in gioventù.