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Elena, la protagonista, parla in prima persona, è guardarobiera alla Scala. Pavarotti stecca durante le prove, le ballerine aleggiano sul palcoscenico, mentre nei corridoi c'è un brulichio di post-adolescenti che bluffano col lavoro e se stessi. Ogni tanto un fidanzato, un capezzolo duro sotto la camicia e una "fame di progesterone". Intorno, Dylan Dog, i libri di Althusser, una Milano che imita Londra, l'I-Ching, un malumore che avvolge come una glassa e una pigrizia che anestetizza, e sempre il Tavor sul comodino. E poi c'è il corpo umano, vero, sgradevole, "trash". Luogo di battaglia per sesso senza amore, per malesseri intestinali, per umori respingenti, per ordinarie bulimie.