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"Parole semplici la mia poesia" e un dire epigrammatico, vale a dire incisivo, lapidario, che non lascia spazio se non alla contemplazione breve del movente del pensiero. Fulmineo, istantaneo, quasi a voler rapire questo tempo al Tempo. Come se non se ne avesse, di tempo, come se non bastasse alla fame del poeta e a quella "malattia" che per lui - e non soltanto per lui! - è la poesia. Una malìa, la poesia, così come il sole, la rosa, la farfalla e quei piccoli animali (la sua poesia si anima di merli, di passeri, di un gallo e anche di una volpe) che agitano i pensieri e le ore e il tempo e le stagioni in Melbourne (Australia) dell'emigrante Mariano Coreno.