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Il saggio analizza il linguaggio usato dalla legislazione, dai media e dalla magistratura per definire il funzionamento della Protezione Civile e denuncia il progressivo slittamento dall'impegno a gestire il rischio all'ineffabile, vuota promessa della sicurezza. Da qui l'urgenza di ri-nominare i contenuti con appropriatezza per renderli socialmente esigibili. Tra le molteplici calamità idrogeologiche, l'autrice si concentra sulle alluvioni, rivelatrici in sommo grado delle implicazioni contenute nella promessa di sicurezza ambientale, nella chimera di poterle prevedere. L'origine delle difficoltà operative, ancora riscontrabili nel sistema, viene attribuita all'incompiutezza della spinta coraggiosa e innovativa della produzione normativa degli anni '90, ai cambiamenti del linguaggio politico durante la fase che ha preceduto e accompagnato la grande crisi del 2008, alla perdita di valore pragmatico delle enunciazioni legislative, e al ruolo di supplenza talvolta impropriamente svolto dalla magistratura.