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Esaurita la carica mistica creativa innescata dal Concilio di Trento, la vita spirituale presenta chiari segni di "crisi innovativa" a tutti i livelli. La stagione che comprende gli ultimi decenni del Seicento e l'intero secolo successivo è attraversata dall'esperienza intellettuale del giansenismo, dall'illuminismo e dal problema del quietismo. Al tempo stesso la cristianità religiosa e la sensibilità pastorale dei papi e del clero sono innervate da preoccupazioni prevalentemente moralistiche, da una diffusa ignoranza in fatto di teologia e di dottrina spirituale, da una pastorale "del minimo indispensabile" impegnata quasi unicamente nella sacramentalizzazione, da un pullulare di devozioni che oscurano la centralità della vita liturgica. Il clero, numeroso ma poco formato, spesso si preoccupa solo di liberare dal peccato grave e di formare e di inculcare lo stato di grazia, senza alcuna attenzione per il progresso spirituale delle anime. Tuttavia, anche nel Settecento fioriscono nuove forme di vita spirituale e apostolica - dai Fratelli delle scuole cristiane agli Spiritani, dai Monfortani ai Passionisti e ai Redentoristi - e, in un contesto generale di conformismo ascetico, emergono figure come Veronica Giuliani e Leonardo da Porto Maurizio, Paolo della Croce e Alfonso de' Liguori.