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Composte da Ovidio negli ultimi anni della propria vita, a partire dal 12 d.C. durante l'esilio a Tomi sul Mar Nero, le "Epistulae ex Ponto" sono quarantasei lettere in distici elegiaci che il poeta invia alla moglie, ai famigliari, agli amici o a personaggi influenti della Roma augustea, supplicandoli perché si adoperino per farlo rientrare in patria. Tutta l'opera è pervasa da una straordinaria complessità di sentimenti nei confronti, prima di tutto, del potere, che viene adulato e smascherato insieme. Ma anche degli amici, soprattutto poeti, e di se stesso, protagonista di un'elegia che, nei forti tratti autobiografici, non cessa mai di essere letteratura di alto rango. Sono versi, questi delle Epistulae, che hanno sempre suscitato intense reazioni nei lettori e sono stati un modello per autori, spesso grandissimi, che l'esilio lo hanno vissuto in prima persona, da Seneca a Brodskij. La costruzione letteraria apparentemente facile lascia intatto un denso nucleo di irrisolta umanità, nel quale ogni lettore finisce per ritrovare un'immagine di sé.