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«Adesso che me ne faccio dei miei spezzoni di vita? Se li racconto a voce rischiano di diventare una narrativa malinconica o vittimistica. E se me li tengo dentro, finiranno nell'abisso dell'indifferenza altrui. Perché sprecare i miei ideali? Ho voglia di dichiararmi, di farmi capire; posso dare nuova energia e non tardivo riconoscimento a un mondo definitivamente scomparso, ma non perso. La cosa migliore è scriverli». Suppongo che abbia ragionato così il professore quando ha preso carta e penna (stilografica) e ha iniziato a comporre questo testo. Il senso rivelato in questo diario di vita ha tre sembianze: far risplendere la luce di persone che furono in carne e ossa e delle quali oggi, vive o morte, rimane solo la presenza immateriale; svelare l'amore, anzi i tanti amori incubati, provati e non provati, senza temere di arrossire; e dare inchiostro tipografico ai piaceri proibiti, per non spegnerli. (Francesco Monteleone)