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Libri rossi, libri sacri, libri perduti, libri bruciati: e dire che Marx ed Engels erano più "attenti a quei due" che i seri filosofi tutti d'un pezzo, per giunta greco-saggiamente-barbuti, che la tradizione ha così tanto desiderato raccontarci. Sono passati ormai cento anni o quasi da tutto: dalla fondazione del PCI, dalla Rivoluzione d'Ottobre, e ben di più dalla pubblicazione del Manifesto. E così Diego Gabutti decide di provarsi con il più ecumenico dei generi letterari, il "commento al testo sacro", che tuttavia nel nostro caso non è unico, e non è neanche tanto sacro. Il diavolo sta nei dettagli, e così l'essenza del comunismo deve essere cercata oltre le pagine dello scritto a quattro mani del magico duo. Una ricca messe di scritti, chiose, osservazioni, racconti, articoli di giornale, memorie, interviste che tutte insieme rendono, nero su bianco, un ritratto diverso, umano tanto quanto disperato, dell'avventura comunista fuori dalla propaganda comunista. Perché la storia preferisce il pettegolezzo, la chiacchiera, l'indiscrezione. E non la scrivono i vincitori, ma quelli che, ahinoi, sono spesso privi di fantasia.