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Il protagonista di "Amori postumi" è incapace di gridare. Ascoltiamo il sussurro ininterrotto di una stenografia intima, spietata, dettata dall'ultimo fondo della memoria, che racconta del carcerato, dello scrittore e del bambino, tenuti insieme da una sola vita, ma in una ben più vasta risonanza. Roberto Bertoldo catapulta il lettore lì dove proliferano le ossessioni, nella mente di un uomo che racconta una vita intera con la struggente lucidità dei rassegnati. Così, in queste pagine misurate e disperate a un tempo, ciò che si sente è l'urlo della miseria umana, e il silenzio dell'infelice che lo propaga. La galera, gli amori, l'infanzia, il rapporto con la scrittura: dimensioni che si toccano fino a mostrare un altro mondo, diverso da quello che concepisce l'uomo comune. Si tratta del mondo che già fu di Leopardi e di Dostoevskij: quello dei caduti, dei condannati alla vita.