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Questo romanzo si propone di essere un racconto, per così dire, "esemplare", su un passato, forse, troppo lontano dagli attuali modi di vivere e di pensare per poterlo ricordare senza molestia, e troppo recente e vivo nelle coscienze per poter essere rimosso, esorcizzato e dimenticato. I luoghi, come i personaggi, hanno consistenza reale quanto valenza metaforica. Nell'insieme, Cenotafio è - o vorrebbe essere - un'allegoria dell'uomo di ieri, ultimo, complicato e alquanto degenere o deviato rappresentante della generazione, anzi della razza, ormai estinta, che ebbe in Wilheim Meister il suo indiscutibile capostipite. E vorrebbe essere, altresì, una testimonianza fedele e obiettiva, tanto umana quanto culturale, della storia della società italiana del secondo dopoguerra.