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«...allora nasce, in noi, piano piano, una sorta di figliolanza con una terra diversa, "straniera", alla quale sei forestiero, che prendi ad apprezzare, verso la quale inizi a nutrire pure sentimenti di gratitudine: ad amare. Costruisci relazioni, amicizie, amori, esci dall'anonimato, assumi un'identità, acquisisci cittadinanza, e i sentimenti di "mancanza e di assenza" si affievoliscono, trovano pace nella condizione di vita che vivi, nella nuova accoglienza, fino a sentire di chiamarla "Terra". C'è la tua Terra, lì con il suo perenne richiamo, e ci sono le "Terre" che ti hanno accolto. Io ho capito che un posto è casa se vi trovi le ragioni per tornarci, che poi è essenzialmente una: essere stato accolto. Il paese che mi ha dato i natali, l'amata Poggio Imperiale, è dai noi figli chiamata "Terra Nuova", Tarranòve, in dialetto. Ecco: mettere casa altrove è fare, di quella terra nuova, Tarranòve.»