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La parola in tempo di pandemia si fa strumento di solidale condivisione, ponte di speranza verso il domani. La parola esorcizza il malessere, quasi il dolore, della lontananza, il tempo avaro dell'espressione dei sensi, soprattutto del "contatto", così necessario nei rapporti umani. La parola introduce al verso amoroso, in piena dissonanza col tempo presente, e prospetta luoghi di amena felicità, puro canto avvolgente. E all'oppressione della quotidiana realtà subentra trionfante il sogno in cui ogni agognato intento si avvera... Ma nel vuoto delle parole si ritrova, unico, il sentimento che accompagna la raccolta con tratti visionari e iperbolici: la vicinanza, l'offerta di propositi inconsueti, il senso sublimato del rispetto. Esiste, però, la parola mancante per limiti di temerarietà e quella appena sussurrata o non detta per le concessioni offerte dal pudore. Prevale, infine, la gioia, ovvero la brama incessante del suo raggiungimento.