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Napoletano, ma mezzo inglese, innamorato della letteratura francese fin de siècle, Vittorio Pica (1862-1930) cercò per tutta la vita di aggiornare il gusto degli italiani alle ultime novità della grafica europea, nelle pagine della rivista «Emporium» e nelle sale della Biennale di Venezia di cui fu a lungo curatore. Al suo occhio raffinato non poté sfuggire il bizzarro talento di Alberto Martini (1876-1954), disegnatore originalissimo e inquietante, che il più anziano critico scoprì agli esordi e di cui guidò la carriera promuovendo in ogni modo la sua opera con paterna e disinteressata amicizia. Fu Pica ad educare la penna di Martini facendola esercitare a disegnare i versi di Baudelaire, Verlaine e Mallarmé. Fu Pica, grazie ai suoi numerosi legami con la società cosmopolita degli esteti e dei bibliofili a presentare l'opera di Martini a Londra e altrove in Europa. Un sodalizio fondato sull'amore dell'arte eccezionale, elitaria, per i molti "happy few" che potevano apprezzarla. Un'amicizia a cui Martini in ultimo seppe rispondere con generosità, soccorrendo il critico napoletano negli ultimi anni di disgrazia, silurato dal nuovo regime che non poteva amare il gusto internazionale e l'estetica "aristocratica" di Vittorio Pica.