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Questa è una storia di deliri, di pazzi scatenati e di ubriachi; ubriachi di parole e di sesso. Un tempo ben inseriti nella società degli uomini, se ne sono distaccati per assecondare le proprie pulsioni e vivere secondo natura, nelle sue forme più selvagge e libere. Il loro è un esilio ideologico e fattuale: si sono infatti stabiliti in un paese lontano e inaccessibile che hanno ribattezzato Belzebù. Qui vivono portando all'estremo le parole e gli atteggiamenti, finché una notte, anche simbolica, non scende su di loro. Un romanzo in cui il pastiche linguistico ha il sopravvento sulla trama, che si disgrega e diventa un caleidoscopio irruento e irriverente. Un esercizio di stile che sulla scia della neoavanguardia del gruppo '63 riflette sulla vita, la morte, l'amore, la politica e la letteratura.