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L'autore ha scritto questo racconto pensando a Napoli, sua città natale, che egli considera la più bella del mondo. Per far questo ha consultato diversi siti Internet e letto parecchie frasi, poesie e libri in dialetto, traducendone alcune parti. Ma, man mano che procedeva con la stesura del libro, gli sembrava che le frasi perdessero il pittoresco andamento ritmico tipico del dialetto napoletano, corredato dai gesti, dalla mimica e dall'espressione del volto che danno un significato al discorso, cosa che purtroppo si perde nelle parole scritte. Molte di esse addirittura non trovano riscontri nel vocabolario napoletano-italiano. Ha dovuto così trovare una soluzione per poter aiutare nella lettura coloro che non sono avvezzi a quel dialetto, evitando però di far perdere alle parole la sonorità caratteristica della cadenza napoletana. Tra le tante difficoltà e il pensiero di rinunciare al progetto, gli è venuta l'idea di scrivere le frasi direttamente come vengono pronunciate in napoletano. Il rischio di fare un pasticcio è reale, ma questo non ha fermato l'autore che è convinto più che mai del successo del risultato finale. Ed è così che nasce la storia di Pasquale Esposito e della sua famiglia, snodandosi in un periodo temporale che va dagli anni Venti agli Ottanta del Novecento.