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Giannantonio Zambon in quest'opera narra le epiche vicende dell'età dell'oro di Bisanzio, condite di dovizie di dati storici e aneddoti, mettendo nero su bianco i cinquant'anni di regno un'epoca del glorioso imperatore Basilio II, senza tralasciare i fortunati avvenimenti e gli illustri personaggi che spianarono la strada al Megas Basileus che restituì a Bisanzio quel prestigio di romana memoria. Basilio II, detto il Bulgaroctono (Boulgaroktonos) e cioè il Massacratore di Bulgari, si prodigò d'asceta per Bisanzio: fu l'impavido supremo comandante degli eserciti bizantini, il giusto e incorruttibile giudice, l'abile legislatore e il paladino della vera Fede; in altre parole, Basilio II incarnò l'idea di Bisanzio. Alla sua morte lasciò in eredità ai deboli successori un impero cristiano che si estendeva nuovamente entro i suoi confini ideali, dalle sponde del Danubio alle rive dell'Eufrate, dallo Stretto di Messina alle montagne innevate del Caucaso; esso comprendeva la Penisola Balcanica, l'Asia Minore, il Nord della Siria, l'Alta Mesopotamia, l'Armenia e l'Italia meridionale. Il basileus Basilio II incarnò Bisanzio, i suoi ideali e le sue aspirazioni universali. Tenne per cinquant'anni le redini di questo impero millenario affidatogli da Dio con indomita energia, ammirevole fermezza e assoluta austerità. Piegò al proprio dovere l'arrogante aristocrazia militare anatolica rafforzando il potere centrale e redistribuì le terre tra i suoi contadini-soldati accattivandosi il loro consenso. Annientò i suoi nemici interni ed esterni, pretendendo la più completa sottomissione. Per Basilio, a differenza di altri imperatori e regnanti della storia, una campagna militare finiva una volta raggiunto l'obiettivo finale, vale a dire la conquista, senza concedersi pause o svaghi inutili.